APPENDICE FONDAZIONE TERINA

Pubblicato il da Giovanna Saladino

È il 25 novembre 2013 quando, per lo svolgimento delle proprie molteplici attività, la Fondazione Mediterranea Terina emana un avviso pubblico per la formazione di una short list di esperti esterni idonei a fornire prestazioni professionali attraverso incarichi, collaborazioni a progetto o prestazione occasionali.

Se la short list sia stata formata, se gli incarichi siano stati assegnati non è dato sapere visto che il Sito internet indicato nell’avviso, e nella scheda informativa sulla Fondazione della Regione Calabria, non esiste (provare per credere: http://www.fondazionemediterraneaterina.com/ ).

Eppure a meno di un anno di distanza dall’avviso, a settembre del 2014, l’opinione pubblica viene a conoscenza del fatto che la Fondazione abbia del personale in esubero: trenta dei quaranta dipendenti sarebbero di troppo.

Proprio quella fondazione che, ubicata al centro della Calabria presso l’area ex-SIR di Lamezia Terme, è un polo d’eccellenza con i suoi 40 ettari di aree esterne e i suoi 40 mila metri quadrati di superficie coperta in cui sono collocati laboratori di ricerca e una grande area convegni, un «centro di ricerca internazionale con il compito di promuovere, sostenere e realizzare attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, trasferimento dell’innovazione, alta formazione e diffusione della cultura scientifica con particolare riferimento ai settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale ed ambientale, ai sensi dell’articolo 32 della Legge Regionale 11 maggio 2007, n. 9».

Ma torniamo a settembre 2014 e leggiamo dalla stampa dell’epoca: «Una vicenda drammatica quella dei lavoratori della Fondazione Terina che stamani hanno protestato dinnanzi ai cancelli di ingresso della fondazione. Siamo disperati, non sappiamo più come fare per andare avanti. Non abbiamo nemmeno i soldi per pagarci le visite mediche, per pagare i libri ai nostri figli che hanno iniziato la scuola, per pagare l’assicurazione delle nostre auto che ci servono per venire a lavorare. Se lo stato delle cose rimarrà così noi saremo costretti ad andare a chiedere l’elemosina. Sono queste le parole cariche di rabbia e disperazione di alcuni di questi lavoratori che da sei mesi non percepiscono lo stipendio».

La soluzione ipotizzata allora era di rimanere con solo dieci dei quaranta dipendenti, che avrebbero potuto svolgere comunque egregiamente il proprio compito: fare ricerca, formazione e rendere un servizio eccezionale per il settore agroalimentare.

E già nel 2014 passarelle a iosa con i soliti “volti noti”, la classe politica (e nobile!) alla quale siamo ormai così assuefatti da dar per scontato che il loro ruolo di comparsata sia un lavoro effettivo, proprio come i tronisti di Uomini e donne per intenderci. Comparsate ben pagate e gravanti sulle tasche di cittadini troppo abituati a ringraziare per il verbo volant ricevuto: “é un’ingiustizia. Vigileremo. Faremo!!!!”. Si è indignati per un’ingiustizia: il mancato stipendio dei lavoratori. Ma se necessaria è l’indignazione allora motiviamola: quanto ci sono costati i dirigenti e il personale della Fondazione?

Una risposta è nel bilancio del 31/12/2013 della società; l’ultimo disponibile sul sito della Regione Calabria. Il Presidente in carica dal 9/12/2010 al 9/07/2013, Giancarlo Nicotera, nel 2012 ha percepito sessanta mila euro, e nel 2013, dimessosi a luglio, ha ricevuto soli 19.024 euro. Gli subentrerà il Commissario Straordinario Pasqualino Scaramuzzino con uno stipendio ridimensionato di trentacinque mila euro. Sempre nel 2012 i revisori Mario Corbelli e Vito Caglioti hanno riscosso rispettivamente sedicimila e quindicimila euro e nel 2013 entrambi la stessa cifra di quindicimila euro. Il costo del personale al 31/12/2013 è di quasi un milione di euro (oneri sociali e TFR esclusi) pari a ventiquattro mila e cinquecento euro per ciascuno dei dipendenti della Fondazione (ammesso che tutti prendano lo stesso stipendio).

E quanto ci hanno fatto guadagnare?

L’utile della Fondazione al 31/12/2013 è stato una perdita di oltre quattrocentocinquanta mila euro che si somma alle perdite degli esercizi precedenti (oltre tre milioni di euro).

No. Si è perso. Niente guadagni. Ecco il motivo per indignarsi.

Il 16 maggio 2016 la storia si ripete, una nuova protesta dei lavoratori per arretrati non pagati. «Sono da lunedì mattina sul tetto della struttura del Centro agroalimentare di Lamezia Terme, i dipendenti della Fondazione Terina che protestano per il mancato pagamento di cinque mensilità arretrate. Non posso non sottolineare il mio totale disappunto per la mancanza di risposte da parte della Regione Calabria nei confronti dei lavoratori della Fondazione Terina i quali, da questa mattina e per l’ennesima volta, hanno inteso protestare occupando nuovamente il tetto dell’edificio della detta Fondazione per urlare il loro malessere ed il disagio socio-economico. La Regione Calabria, ad oggi, ha ignorato la valenza di un’eccellenza tecnologica nel campo della ricerca agroalimentare, non soltanto lasciando fuori la Fondazione da eventuali progetti di promozione e valorizzazione ma soprattutto disattendendo l’applicazione della Legge regionale n. 24/2013 e non dando seguito a quanto proficuamente emerso nel corso del dibattito del Consiglio comunale dello scorso 3 novembre». Lo afferma, in una dichiarazione, il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro.

Candidamente tre delle cinque Fondazioni della Regione Calabria (Calabresi nel Mondo, Calabria Etica, Calabria della Regione Calabria Film Commission, Fondazione Field, Fondazione Mediterranea Terina Onlus) sono state gestite da noti politici lametini che, con diverse fortune, sono o sono stati al centro della politica regionale; una crescita “politica” direttamente proporzionale alla decrescita della terza città della Calabria, marginale rispetto le politiche di sviluppo della Regione.

Agonia di una città destinata ancora a protrarsi perché incapace di vivere un moto d’orgoglio. Città inadeguata alla riscossa che s’ accontenta di briciole e ringrazia per il quasi nulla ricevuto e per quello che riceveranno presto i figli. D’altro canto non si può neanche pretendere rispetto per se stessi se nasci già abituato ad essere vassallo. Se non hai modo di “campare” ti aggrappi a tutto ed è proprio sulla disperazione ed illusione che “troneggiano i tronisti locali”, attenti solo a migliorare la prosodia delle frasi fatte senza conoscere neppure il significato di “prosodia”.

Eppure siamo parte dell’Unione Europea che si era posta l’obiettivo di migliorare le condizioni sociali, economiche, politiche delle nazioni che ne fanno parte. Un’ Europa che a chi non guadagna abbastanza consegna un’integrazione del reddito, e anche a chi lavora part time consegna un’integrazione del reddito ( vedi Francia, Germania, Gran Bretagna e non solo Danimarca, Svezia…). In Italia non si sa neanche cosa sia eppure il reddito medio è da miseria. L’esistenza di un reddito di cittadinanza in Europa spiega la flessibilità europea, spiega l’assenza di lavoro nero, spiega l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia). L'Europa raccomanda dal lontano 1992 all’Italia di introdurre un reddito di cittadinanza eppure non è successo neanche con la crisi.

«Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente. Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale. Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri. Il reddito minimo garantito è come un punto archimedeo: sembra piccolo, ma in realtà è il punto d’appoggio» (Micro Mega Reddito di cittadinanza, il modello sociale europeo che l’Italia ignora di Giovanni Perazzoli).

Il reddito di cittadinanza consentirebbe di spezzare le catene che bloccano pensiero e cuore di cittadini disperati che, in cambio di un voto elettorale, accettano il ricatto nella speranza di portare a casa un lavoro per i propri figli ma è il Reddito di Cittadinanza l'unica via non violenta da percorrere per ridare pensieri liberi e dignità ai nostri figli.

Giulio Benincasa e Giovanna Saladino

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